Il Paese del Solco Dritto

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Da qualsiasi strada si giunga, Valentano si presenta al visitatore con i simboli antichi della sua storia.

La torre ottagonale della Rocca Farnese e lo svettante campanile della Chiesa Collegiata di San Giovanni Evangelista, Jus patronato di Casa Farnese tanto che fu l’emblema del “Gran Cardinale” Alessandro, nipote di Paolo III, nato a Valentano nel 1520.

Due emblemi, civile e religioso attorno ai quali, per secoli, si è svolta la vita laboriosa di questa popolazione. Una vita anche difficile, segnata da incendi, distruzioni e morte (incendio del 1254, devastazioni di Ludovico il Bavaro nel 1328 e del Prefetto Di Vico nel 1350, pestilenze, terremoti, sino alle undici vittime civili caduti sotto le bombe dell’ultima guerra), ma vivificata da una fede profonda verso i Santi protettori: S. Giovanni Evangelista, San Giustino, Sant’Agata e, soprattutto, la Madonna Santissima venerata sotto molti titoli, come l’Assunta Immacolata della Salute, del Monte, dell’Eschio e dell’Annunziata.

Una fede che continua nel solco dritto della stessa tradizione religiosa, un solco che viene tracciato all’alba della vigilia di Ferragosto, lungo la piana di Valentano, quasi a rinnovare con il cielo un patto d’amore, una predilezione fatta di pane e di vino, dei frutti di una terra generosa e splendida nella riposante piana dell’Olpeta, nei colli lievi che animano il paesaggio, nelle calme e opalescenti acque del lago vulcanico di Mezzano, che conservano le prime testimonianze dell’uomo su questo territorio.

Si tratta di villaggi palafitticoli sommersi che gli archeologi stanno portando alla luce e che già in gran parte sono esposti nel locale Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese. Reperti che ci parlano di popoli laboriosi, dediti alla coltivazione della terra, all’allevamento, alla caccia, artefici dei primitivi quanto funzionali attrezzi in legno, bronzo e pietra e contenitori in terracotta dalle forme variegate e decorate.

Gli Etruschi nel territorio di Valentano hanno lasciato solo labili tracce, forse a causa del terreno cosparso di lapilli vulcanici, poco adatto per costruire e conservare ipogei.

Tuttavia, nel corso del suo viaggio nelle terre del Viterbese (giugno-luglio 1843), l’etruscologo inglese George Dennis, come descritto nel famoso testo “Cities and Cementeries of Etruria (1848), rimase estasiato dai panorami che ebbe modo di cogliere visitando Valentano (“splendida terrazza” affacciata sul Lago di Bolsena).

In effetti questi piccolo centro, collocato a 540 metri sul l.m., nella catena dei Volsini, con il vicino Monte Starnina che si eleva dall’altro dei suoi 620 m., ha tutte le caratteristiche di un luogo dall’aria “soavissima, buona e delicata”, tanto decantata fin dai secoli passati.

Come abbiamo accennato, anche George Dennis non trovò serie tracce del passaggio degli Etruschi nelle terre di Valentano, tuttavia abbiamo notizie dell’insediamento etrusco di Monte Becco e di altre tracce visibili verso la vicina Bisenzo.

Le tracce preistoriche, invece, oltre che nelle acque del Lago di Mezzano, sono visibili in molti siti posti su tutto il territorio, compresi anche gli insediamenti d’altura attorno all’abitato.

Quindi le origini del paese risalgono all’età del rame e alla piena età del bronzo. Il territorio, percorso da fiumi e torrenti, era cosparso di villaggi e capanne, di cui sono rimaste testimonianze indelebili.

Una non confermata tradizione vuole che Valentano derivi dall’etrusca “Verentum” mentre, per il periodo romano, sono ben visibili molti resti nelle numerose ville sparse lungo un diverticolo della Via Clodia.

Ville rustiche, queste, trasformatesi nel tempo in piccoli villaggi che, in epoca medievale sentirono la necessità di riunirsi, per motivi di difesa, sull’alto del colle ove, probabilmente si formò il primo nucleo di quel villaggio chiamato “Valentano” (forse da Valle degli Ontani).

Sono presenti anche resti di fortificazioni longobarde con necropoli di cui si sono ritrovati alcuni resti oggi esposti nel locale museo (due sax (asce), reperti ceramici, e altre testimonianze).

Le prime notizie del paese potrebbero essere quelle del 680, anno in cui in questo centro si sarebbe trasferito per breve tempo il vescovo della distrutta città di Bisenzo, ma questa è una storia tutta da verificare.

Il primo documento in assoluto che testimonia la presenza di un luogo chiamato “Valentano” si ha dal Regesto di Farfa dell’813. Da altri documenti provenienti dall’Abbazia di San Salvatore sul Monte Amiata, sappiamo di altri importanti documenti relativi al paese (827, 839, 844), al centro di Mezzano e a quello di Villa delle Fontane (Vico Funtanille).

Nel 1053 il paese comunque è già strutturato e appare organizzato come comune libero, nel sito attualmente occupato, con la sua pieve dedicata a San Giovanni Evangelista e la Rocca di difesa. Da questo periodo e sino alla metà del 1300 il paese conobbe le ricordate distruzioni, gli incendi, le devastazioni e le ricostruzioni, dovute soprattutto all’alternarsi del suo dominio delle vicine città di Orvieto e Viterbo.

Va ricordato che a Villa Fontane sorgeva una domus templare con la Chiesa di “Sacta Maria ad Templum” sulle cui porte, nel 1309, vennero affissi i decreti del processo ai Templari e quindi la Chiesa passò ai Cavalieri di Malta che la tennero sino al 1860.

Nel 1354 la cittadina, recuperata dal card. Albornoz, venne assegnato alla signoria dei Farnese che la tennero per lunghi anni, trasformando in palazzo residenziale della Famiglia, l’antica rocca di difesa, con cortile rinascimentale, sale affrescate e richiedendo anche l’intervento di Antonio da Sangallo il Giovane.

Questo splendido momento, vissuto sotto i Farnese, portò Valentano ad essere compreso nel Ducato di Castro (1537) e, quindi, a divenirne la capitale quando per le dispute tra i Farnese e la Camera Apostolica, Castro venne completamente distrutta (1649).

Gli avvenimenti dei secoli seguenti registrano l’abbandono della Rocca da parte dei Farnese e la sua trasformazione in Monastero di Monache Domenicane.

I Valentanesi sono presenti nell’Associazione Castrense del 1848 e quindi nella Lega dei Comuni di Castro che si opponeva al potere temporale dei papi e auspicava, nello spirito risorgimentale del tempo, l’unione dell’Italia tutta.

Sede di una guarnigione di Zuavi Pontifici, il paese registrò l’arrivo e gli scontri con i garibaldini nel 1867. Ma ormai il 1870 era alle porte e mentre si festeggiava la presa di Roma gli Zuavi incendiavano, nella piazza principale del paese, quasi tutte le carte dell’archivio storico del Comune, di cui rimangono comunque preziose e insostituibili testimonianze, unitamente alle carte amministrative della distrutta città di Castro.

Ora il Castello, segno nel tempo della storia di Valentano, ospita le strutture culturali del paese con il Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese, la Biblioteca Comunale ricca di fondi librari e di manoscritti, sale per conferenze ed esposizioni.

Un paese, come si è visto, ricco di una storia antica e documentata, un paese che conserva le sue tradizioni popolari e religiose come un patrimonio insostituibile e a cui fa riferimento per tutta una serie di manifestazioni che allietano i cittadini e richiamano i turisti anche per la presenza di numerose associazioni socio-culturali, tra cui piace ricordare la Banda Cittadina, fondata in piena epoca pontificia (1862) e il Gruppo Archeologico che molta parte ha avuto nella riscoperta archeologica e storico-tradizionale del paese, curando numerose e ricercate pubblicazioni.

Il turista oggi può trovare a Valentano anche numerose strutture ricettive e di soggiorno per cui avrà modo di trascorrere momenti indimenticabili fra storia, natura, tradizioni e prodotti tipici.

(di Romualdo Luzi)

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